Quique vos bobus veneratur albis Iam mari terraque manus potentes Iam fides, et pax, et honor, pudorque Augur et fulgente decorus arcu Si Palatinas videt aequus arces, Quaeque Auentinum, Algidumque, Haec Touem fentire, deosque cunctos, Zoraz. Bernardo Bernardo Tasso. S. B. II. S. 73. In den Werken der berühmtesten Dichter Italiens findet man eine Menge geißtlicher Odeu, unter den Rubriken: Inni, Pfalmi, Laudi und Canzoni. Sie find zum Theil an die Gottheit unmittelbar, zum Theil an Heilige und Mårtyrer gerichtet. Die meisten aber sind nur stellenweise von poetischem Verdienst und ächtem lyrischen Schwunge; stellenweise hingegen matt, gespielt, und mit ganz fremdartigen Verzierungen aufgestußt. Diese Mängel find selbst von bessern italiånischen Kunstrichtern nicht unbemerkt geblieben; man lese z. B. das darüber nach, was Muratori in seinem Werke Della Perfetta Poefia Italiana, T. II. p. 73. f. davon sagt. Unter des åltern Tafso Gedichten stehen dreißig Salmi, die fast alle Nachahmungen der Davidischen Psalmen find, und von denen ich hier zwei der besten mittheile, die aber freilich jener Tadel gleichfalls trifft. So kann es z. B. nicht anders als unerwartet und anstößig seyn, mitten in diesen Ergießungen der Andacht des Neptuns und Phóbus erwähnt zu finden. -- Perchè, fommo motore. I. In me dell' ira tua gli ftrali avventi Se punir vuoi il mio errore, Mancarà fotto a fi gran pena il core. Che cotanti non vanno Augei per l'aria, ne Nettuno asconde Tanti pefci nell' onde; Quant' io ho d'anno in anno Fatte a to offefe, ad altri oltraggio danno, Come padre amoroso, Che fi moftra al figliuol crudele ed impio Me punifci, e pietofo Dammi in tante fatiche omai riposo, Vedi, che, quanto il fole Risplende qui, quanto la notte adombra La terra d'umid'ombra, Il cor fi lagna duole Con pianto con fofpiri e con parolę; Si che languidi omai Sono queft' occhi e per la pena infermi: Quant' io t'offefi, sai Che tua pietà 'l mio error vince d'affai. Volgi le luci pie, A cui be' raggi così fpiegan l'ali Come al lume del die Suole fosca ombra, alle miferie mie; Che fotto al duro e grave Fafcio de' dolor miei, l'alma mefchina Gli afflitti omeri in china, E di cader fi pave, Se tua bontà di lei pietà non ave. Sgravala, fignor mio, Si che fra tante noie un di respiri E non porre in obblio Che 'l foccorrer i rei proprio è di Dio. Come vago i augelletto Che i fuoi dogliofi lai II. Fra i rami d'arbufcel tenero e fchietto Sfoga piangendo, e non l'arrefta mai: Cofi la notte e'l giorno Milero piango anch'io Le gravi colpe, ond' è 'l cor cinto intorno, Chieggio perdono a te, fignore e Dio, Il fuon di mercè indegno De' dolorofi miei duri lamenti: Bernardo 1 7 1 Bernardo Tasso. Se forfe hai preso a fdegno Che da te fpeflo fuggo, a te rivegno. Senfo tanto poffente M'ha posto all collo un giogo aspro e tenace: Oime, che non confente Che stabil nel tuo amor fia la mia mente! Ne ripugnare al fenfo Val la fragil natura, Fatto fi forte e di valor fi immenfo Se non pigli la cura Tu, padre pio, di quefta tua fattura. Semplice e pura agnella, Se talor per errore Vagar intorno per la felva bella Ella è rapita, ed ei danno ha e dolore. Deh non lafciar in preda Queft' alma poco accorta Al fuo nimico, fi ch' errar la veda Sola e fenza tua fcorta; Onde ne refti lacerata e morta. L'hai tu, padre benigno, Con le tue man creata, Per in preda lafciare a quel maligno Serpe? una cola amata Una fattura tua fi cara e grata? Miferie omai pietate, E di man tommi a quefte crude arpie Sicche non moja in tanta indignitate. Chiabrerà. Giabrello Chiabrera, geb. zu Savona, 1552, gest. 1638, ist einer der berühmtesten lyrischen Dichter der Italiåner, in der hdhern sowohl, als in der leichtern Gattung. Der erste Band seiner Gedichte enthålt unter andern drei und sechzig Canzoni Sacre, meistens an die Mutter Gottes und andre Heilige gerichtet. Folgende Hymne an den heil. Stephanus scheint mir darunter eine der besten zu seyn. PER S. STEFANO. Se degli avi il tefor, che ficcome ombra Se ne fparì veloce, Or con felici efempi La mano empieffe a' fervidi nipoti; Io ful monte, che a l'ombra Di Vai l'antica foce, Certo ch' ergerei Tempi A te, facrato Stefano, devoti; E da' remoti monti, ove natura Tarrei colonne, e mille fregi illuftri, O che di merce avari, Arando van gli occidental confini; Quanti da' regni Iberi Piegan l'umide prore Da lunge i tetti mirerian divini! Pregheriano a' lor corfi aure ferene Ed Chiabrera. |